“Non ci sono fiori che sono pari 
al cromatismo di Lisbona sotto il sole”

 Fernando Pessoa 

Lisbona è una città sorprendentemente varia, merito della storia, del susseguirsi di epoche e delle tante ricostruzioni che hanno contribuito a renderla un insieme di stili diversi. 

Lisbona è medievale, barocca, manuelina, settecentesca, moderna e futurista, tanti pezzi di un mosaico accostati in maniera apparentemente caotica e tenuti insieme da una luce speciale che la illumina e riscalda tutto l’anno, raddolcendone il clima anche in inverno.
La chiamano “la bianca” per il candore accecante dei marmi che rivestono le facciate delle case e le vie lastricate, ma il bianco si mischia all’azzurro degli azulejos, le piastrelle colorate che adornano palazzi, chiese, fontane e monumenti, l’inconfondibile leit-motiv della città.

Lisbona è difficile da spiegare perché quando pensi di averla capita e incasellata dentro i confini di una definizione cambia volto e vestito e diventa un’altra.

Si parte alla scoperta della città dal Rossio, la grande piazza bordata di edifici del Settecento e Ottocento dove girovagare tra lustrascarpe, venditori di lotterie e caffè storici. 
Dal Rossio si scivola dolcemente verso la Baixa con le sue strade ad angolo retto che disegnano una perfetta scacchiera; qui l’elegante e ampia rua Augusta conduce verso l’altro grande salotto urbano, Praca do Comercio, bordata di signorili edifici dipinti d’ocra sorretti da lunghe file di portici, come gambe di ballerine in punta di piedi  alla sbarra.
 Ma fin qui Lisbona ha svelato solo uno dei suoi tanti volti: presto le ampie vie del centro diventano stretti vicoli che si inerpicano lungo i fianchi dei colli su cui la città è adagiata, stipati di vecchie case che sembrano voler arrampicarsi una sull’altra per non ruzzolare giù.  Al Barrio Alto si può arrivare a piedi oppure prendendo la storica funicolare,  un vecchio vagone dipinto di giallo che si inerpica cigolando lungo la ripida salita. Pochi minuti di viaggio è quel che basta per essere catapultati in un mondo diverso : qui la Lisbona aristocratica cede il passo a quella più medievale popolata di marinai e pescatori; strade strette e anziani seduti alla porta o nelle panchine delle piazzette, immersi in fitte conversazioni. La sera il Barrio si anima, i piccoli locali diventati oggi ristorantini di tendenza accendono le luci e diventano ritrovo di giovani e turisti in cerca di atmosfere rilassate.
Sul versante opposto l’Alfama è il contraltare del Barrio: qui note arabeggianti nascoste nelle trame delle facciate conducono lungo strade silenziose bordate di case dai balconi fioriti, giardini pensili e muri rivestiti degli immancabili azulejos.
E poi c’è Belem, dove Lisbona esprime la sua anima gotica esibendosi in complicati decori come pizzi di pietra, in quell’assoluto capolavoro che è il Mosteiro dos Jeronimos.
L’insieme è costituito dalla Chiesa di Santa Maria con due magnifici e decoratissimi portali e all’interno l’audacia di tre navate, sopravvissute miracolosamente intatte al terremoto del 1755.
Ma è nel chiostro della chiesa che il gotico si esprime al massimo: un quadrato perfetto, due ordini di gallerie e complicate trame piene di grazia e armonia che riempiono gli occhi e i sensi di stupore per tanta magistrale bellezza.

Dall’altra parte della strada una colossale prua di pietra ospita una folla di uomini scolpiti con lo sguardo a scrutare l’orizzonte: è il Padrao dos Descubrimientos, tributo della città ai grandi navigatori che da qui partirono verso l’ignoto, di fronte soltanto il mare, l’infinito e i loro sogni.
Oggi di quei sogni restano i ricordi di un grande passato da capitale di un potente e ricco impero coloniale e una sottile malinconia, la suadade, quella che leggi negli occhi e nei visi dei lisboeti, gente schiva, ospitale senza eccessi; quella che fa l’essenza del fado, la melodia e l’anima di Lisbona, la musica che la invade e la fa vibrare al calar del sole. Una voce solitaria che parte lenta e pacata, il sottofondo delle cene servite nelle tante tascas, le taverne nascoste nel ventre dell’Alfama. Ma poi la voce si alza, fa sua l’attenzione, tutti ammutoliscono e ci si ritrova ad ascoltare rapiti e sognanti storie struggenti in una lingua che riesce ad essere universale, perché arriva diretta al cuore.
E anche se ancora non si è riusciti a darle una definizione, ci si accorge che Lisbona ci ha già conquistati.