Ronco Biellese è un piccolo comune di 1500 anime a mezza costa del Brich, la collina sulla cui sommità troneggia il Castello di Zumaglia; questo piccolo e accogliente paesino ha in serbo un prezioso gioiello per chi decida di dedicargli un paio d’ore: l’ Ecomuseo della Terracotta, uno scrigno che racchiude ed illustra la storia dell’artigianato della terracotta e spiega il profondo legame che questa produzione ebbe in passato col territorio e la sua influenza sull’economia locale. Ronco è infatti adagiata su una collina d’argilla rossa, e fu proprio quest’abbondanza di materia prima a determinare il fiorire di produzione di stoviglie in terracotta.
La fama che ben presto guadagnarono le terrecotte di Ronco, chiamate bielline, fu dovuta all’alta qualità dell’argilla che le rendeva particolarmente resistenti al fuoco. La produzione ebbe un tale successo da arrivare a fine Ottocento a quasi due milioni di pezzi prodotti all’anno!
A spiegarci il museo una guida d’eccezione,Giorgio Rey, colui che per primo decise di raccogliere e collezionare antichi pezzi di terrecotte perché l’eredità e la memoria di questo antico mestiere, andate quasi completamente perdute con l’avvento del lavoro in fabbrica, fossero recuperate e salvaguardate. E’ nel suo viso cordiale e sorridente , nelle sue mani che mimano antichi gesti che rivedo la passione e l’orgoglio per una tradizione che costituisce la storia e il passato di questo paese. Le terrecotte sono oggetti semplici, umili, come umile era il mestiere dello stovigliaio, ma carico di una grande dignità e ricco di tecniche e capacità tramandate di generazione in generazione. Oggi lo chiameremmo
know how, ma io preferisco chiamarlo il
saper fare.
Con grande trasporto Giorgio ci porta nelle varie stazioni del museo, dislocate in diversi punti lungo un percorso di circa tre chilometri all’interno del paese. A colpirmi è il nome di una delle sale affacciate sulla piazza centrale stampigliato a grande lettere sulle vetrine: Museo dall’Emilio perché per anni questo piccolo e accogliente ambiente fu il negozio di alimentari del signor Emilio appunto, e dopo la sua scomparsa si decise di intitolargli la sala. Trovo questo gesto di una delicatezza infinita, tanto da commuovermi: il tributo di una comunità ad un suo eroe di tutti i giorni, un eroe umile che, insieme a molti altri, con il suo lavoro ha fatto la storia di questo paese.
La sala conserva bellissimi piatti e stoviglie in terracotta, molti dei quali impreziositi da semplici decorazioni: oggetti fatti con un materiale povero ma che grazie alla passione e all’amore di chi li ha prodotti sono diventati belli e degni di essere ammirati. Stoviglie semplici e resistenti fatte da mani esperte che le hanno modellate, e dalla pazienza di aspettare che la cottura le trasformasse in quello che sono ancora oggi: pezzi senza tempo che mi ricordano le cose più belle, alla fine, sono quelle fatte con le mani e col cuore.
Starei ore ad ascoltare Giorgio e gli altri esponenti della Pro loco raccontare della Ronco del passato e spiegarci quale arte e capacità richiedesse la delicata cottura delle terrecotte. Mi scalda il cuore vedere come tanta gente sia venuta ad accoglierci desiderosa di mostrarci quanto di più bello e prezioso hanno da offrire e con quale passione cerchino di spiegarci quanto sia importante capire e divulgare la conoscenza di questa antica produzione che ha segnato e determinato la storia moderna del territorio. Ascoltarli mi ricorda che solo tornando alle radici si può capire il presente, e cambiarlo in meglio.
Ascolto con passione racconti di un tempo andato, storie di un mestiere andato perduto ma che grazie all’Eocmuseo ha trovato voce e memoria, ed è lì a ricordarci la magia di un’arte povera eppure capace di produrre tanta bellezza.